
20 Nov Costi deducibili se le royalty portano vantaggi aggiuntivi
La compartecipazione ai costi di ricerca e sviluppo in virtù di un contratto di cost-sharing si giustifica sul piano economico se attribuisce il diritto di sfruttare economicamente il bene frutto della ricerca senza corrispondere ulteriori importi a titolo di royalty. È quanto emerge dalla sentenza dell Ctr Lombardia 604/ 49/ 2017 del 16 febbraio scorso (presidente Izzi, relatore Franconiero), con cui i giudici lombardi hanno accolto l’appello presentato dall’ufficio delle Entrate, ribadendo il principio secondo cui la deducibilità delle royalty deve fondarsi su effettivi vantaggi economici conseguiti dal licenziatario.

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La controversia riguarda una società italiana appartenente a un gruppo multinazionale, cui le Entrate avevano contestato la deducibilità di costi – e la detraibilità della relativa Iva – sostenuti nei confronti di alcune consociate estere a titolo di royalty per l’acquisizione di licenze d’uso in esclusiva di marchi relativi ai beni commercializzati e del know-how per la relativa fabbricazione, imballaggio, vendita e distribuzione.
La contestazione si basava sulla circostanza che tali royalty costituissero una duplicazione di costi rispetto a quelli già sostenuti dalla società italiana per l’acquisizione di servizi identici in virtù di altri contratti infragruppo. La società accertata, infatti, compartecipava alle spese di sviluppo del know-how in virtù di alcuni accordi di cost sharing con le proprie consociate estere. Inoltre, le royalty sostenute per la licenza del know-how e dei marchi si riferivano alla fase della produzione, mentre la consociata italiana era impegnata esclusivamente nella distribuzione.

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I giudici di primo grado avevano accolto il ricorso del contribuente, ritenendo che nel caso di specie non si verificasse una duplicazione di costi. E questo, anche se tra i contratti di licenza del know-how e quelli di compartecipazione ai costi di ricerca e sviluppo non c’erano differenze sostanziali, dato che che entrambe le tipologie garantivano di fatto alla consociata la conoscenza e l’utilizzo del know-how. Ciò in quanto le royalty pagate dalla società italiana alle consociate estere si giustificavano non solo per l’acquisizione del know-how relativo alla fabbricazione e distribuzione dei prodotti, ma anche per l’uso del relativo marchio.

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Sul punto veniva sottolineato che le linee guida Ocse riconoscono la possibilità per una società distributrice di corrispondere a proprie consociate estere royalty per l’uso di marchi.
I giudici della Ctr Lombardia hanno riformato la sentenza della Commissione provinciale ritenendo che i costi recuperati non fossero inerenti, in quanto la società accertata non aveva fornito la dimostrazione dell’utilità aggiuntiva derivante dal contratto di licenza del know-how (e dalle relative royalty corrisposte) rispetto ai costi addebitati in virtù del contratto di cost-sharing. È stato quindi ribadito il principio per cui la deducibilità dei costi infragruppo deve basarsi su un effettivo vantaggio economico, che non sussiste in presenza di una duplicazione dei costi.
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