
12 Giu L`usufrutto al coniuge non esclude l`eredità
Cassazione: l’usufrutto generale al coniuge non lo esclude dall’eredit se dall’interpretazione delle disposizioni testamentarie non risulta diversamente
di Annamaria Villafrate – La sentenza n. 13868/2018 della Cassazione (sotto allegata) stabilisce che l’usufrutto generale disposto con testamento in favore del coniuge non ne esclude la qualit di erede. E’ sempre necessario ricercare la volont del testatore attraverso la lettura di tutte le disposizioni che compongono il testamento. Solo cos possibile ricondurre correttamente l’usufrutto generale al legato o all’eredit.
- Le volont del de cuius
- La vicenda processuale
- Dalle disposizioni testamentarie risulta che la moglie era erede
- Occorre interpretare correttamente il testamento
Le volont del de cuius
La vicenda processuale
La figlia del defunto cita in giudizio i due fratelli, chiedendo la riduzione delle loro quote, ritenendo lesa la propria. I fratelli costituiti chiedono il rigetto della domanda e l’imputazione all’eredit in via riconvenzionale di altri beni e liberalit. In fase di precisazione sorgono contestazioni sulla qualificazione del lascito alla moglie, che secondo la figlia da considerarsi legato in sostituzione di legittima. Unici eredi sarebbero quindi solo i tre fratelli.
Dalle disposizioni testamentarie risulta che la moglie era erede
Ricorrono in Cassazione i due fratelli criticando “la statuizione della corte d’appello secondo la quale con la attribuzione al coniuge dell’usufrutto generale si sarebbe avuta istituzione di erede.”
La Cassazione, come precisato dalla sentenza della Corte d’Appello, riconosce che “in qualche pronuncia l’attribuzione testamentaria di usufrutto generale fosse considerata come istituzione di erede (talora “senza alcun approfondimento motivazionale”), mentre in qualche altra fosse esclusa la successione in universum ius; onde la corte di merito ha preferito accedere all’orientamento della “dottrina pi autorevole” per cui costituirebbe legato il lascito avente ad oggetto l’usufrutto, generale o pro quota, dell’asse, non subentrando l’usufruttuario in rapporti qualitativamente eguali a quelli del defunto e derivando la sua responsabilit per i debiti dal meccanismo dell’art. 1010 cod. civ. e non dalla qualit di erede” principio valido in assenza di disposizioni testamentarie idonee “a far venir meno l’universalit del lascito (o ad attribuire a esso la natura pro quota) e, quindi, a far derivare la qualit di erede” circostanza sussistente nel caso di specie, come la disposizione in cui la moglie risulta destinataria dei beni aziendali elencati nella scheda, clausola idonea “da s sola a condurre all’attribuzione della qualit di erede…” o come il fatto che nel testamento non vi sia alcun riferimento, a differenza degli immobili, alla volont del de cuius di dividere i beni mobili diversi da quelli aziendali.
Occorre interpretare correttamente il testamento
La Cassazione conclude, criticando le conclusioni della Corte d’Appello per i motivi sovra esposti, sancendo come sia compito del giudice del rinvio fornire la corretta interpretazione del testamento: “Invero, quanto rilevato gi di per s consente di affermare la violazione dei criteri ermeneutici e, indirettamente, come gi premesso, della regola distintiva tra disposizioni di ultima volont a titolo particolare e universale (art. 588 cod. civ.), ancorata al criterio oggettivo del contenuto dell’atto e delle modalit di attribuzione operata dal testatore e a quello soggettivo dell’intenzione o non intenzione di attribuire beni determinati come quota dell’universalit del patrimonio. Tale principio, in relazione alla cassazione a disporsi, potr applicarsi dal giudice del rinvio anche con riguardo alla peculiare rilevanza che, nella scheda testamentaria, il testatore abbia inteso attribuire, oltre a beni determinati, a classi di beni (beni immobili residui, passivit, beni aziendali, oltre ai mobili non attribuiti).”